De Humana Corporis Fabrica, un codice alternativo basato sulle parole di chi lavora
Chiara Pergola
OPERE REALIZZATE
Photo © Marco Panizza

Descrizione

I sistemi per il controllo e la gestione delle installazioni dei cavi dati, si basano sul linguaggio: ai tradizionali colori che permettono di riconoscere funzione e destinazione dei connettori, è affiancato un sistema di codifica scritta estremamente flessibile, che apre la possibilità di un intervento basato sulla narrazione.

Il progetto propone di realizzare all’interno di un'azienda del settore dei cablaggi industriali, un codice alternativo a quello alfanumerico normalmente utilizzato, basato sulle parole dei dipendenti. Il codice potrebbe essere utilizzato per il funzionamento della macchina di collaudo, potenziandone l’efficacia anche da un punto di vista simbolico, come “macchina di autorizzazione”. Il titolo trasforma il significato dello storico trattato sul corpo umano di Vesalio, in De Humana Corporis Fabrica, cioè La Fabbrica Umana del Corpo, semplicemente modificando la lettera finale che sposta l’accento dal neutro al femminile. Il sistema di cavi - ritratto del “Corpo” della fabbrica umana, ed il “Codex” per il suo corretto funzionamento, saranno le opere risultanti del progetto. Nel corso dell'inaugurazione si potrebbe inoltre proporre un happening collettivo, in cui tutti i partecipanti potranno effettuare il test e ricevere un adesivo con l'esito del collaudo come quelli che vengono applicati ai prodotti validati.

Realizzazione

Nel lavoro realizzato con Cablofil abbiamo messo al centro il “fattore umano”. Il concetto è nato dal confronto stretto con Marco Teopompi, che con grande disponibilità mi ha permesso di entrare in contatto con il cuore dell’azienda, cioè con chi ci lavora rendendola viva. Facendo leva sulla peculiarità del processo che permette di scrivere qualunque testo sugli elementi di cablaggio, abbiamo deciso di spingere sull’analogia tra macchina e corpo umano, chiedendo ai dipendenti di scrivere una frase che esprimesse il proprio pensiero mentre sono al lavoro. “Lavorando penso che…” è stata la domanda che abbiamo rivolto, raccogliendo i contributi in una scatola come si usa fare nelle votazioni. Tutte le frasi sono state stampate sui cavi, che poi abbiamo riunito in forma di  corpo sulle stesse tavole di assemblaggio che sono utilizzate per organizzare il cablaggio. Nel realizzare l’opera, per rispettare il più possibile il processo reale, e anche per avere un sistema di archiviazione che fosse pratico per l’azienda, ho deciso di collegare due tavole di assemblaggio con cerniere, in modo da formare una sorta di gigantesco libro d’artista: quando il “libro” è aperto, risulta anche autoportante, ed è possibile girarci attorno; quando è chiuso, si può semplicemente riporre negli armadi in cui sono stoccate le normali tavole di lavoro, che hanno le stesse dimensioni. I pensieri delle lavoratrici e dei lavoratori sono stati riscritti sulle tavole come in un atlante di anatomia, circondando il corpo per indicare le varie parti a cui corrispondono. Nello scrivere le frasi, ragionando con Marco Panizza, il conservatore della Galleria del Premio Suzzara, ci siamo accorti che potevamo scrivere le frasi anche a rovescio, così che per leggerle si dovesse sempre andare dall’interno verso l’esterno. In questo modo – evitando di lasciarsi condizionare dalla direzione consueta di lettura – le frasi assumono l’aspetto di frecce che invece di trafiggere il corpo, vengono “buttate fuori”: mi sembra una bella metafora del senso liberatorio dell’espressione. Lo stesso concetto è presente anche in un'altra parte dell’opera, una fotografia del momento in cui biglietti con le frasi sono stati aperti sul tavolo della saletta riunioni: tutti questi biglietti bianchi sembrano tante ali, pronte a spiccare il volo, proprio come il “vitello” nella nuova icona del Premio Suzzara.

Progetto realizzato da Cablofil

Mappatura - Ambiente - Collegamento - Flusso

Photo © Marco Panizza
Photo © Marco Panizza
Photo © Marco Panizza
Photo © Marco Panizza